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SANREMO 2020 LO HANNO VINTO LE DONNE di Stefania Giacomini
Date: 08/02/2020
SPETTACOLO
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SANREMO 2020 LO HANNO VINTO LE DONNE di Daniela d’Isa

Il vincitore di Sanremo 2020 si chiama Antonio Diodato. 38 anni da Teramo, il mite e delicato Antonio ha vinto con una canzone bella e molto sanremese, “Fai rumore”, di cui ha scritto testo e musica (quest’ultima in collaborazione con Edwin Roberts), premiata in toto dalla stampa. Ha vinto infatti anche il Premio Mia Martini (assegnato dalla stampa al teatro Ariston) e quello della Sala stampa Lucio Dalla.
Ma per noi di “Good in Italy web tv” la settantesima edizione del Festival di Sanremo è stata vinta dalle donne.

Quali? Innanzitutto la giornalista Rula Jebreal, che sul palco di Sanremo ha pronunciato un monologo con tema la violenza sulle donne che tutti dovrebbero rileggere. Erano due i leggii davanti a Rula, in uno c’erano i numeri e gli infiniti abusi sulle donne, nell’altro le parole della speranza, per cui basti ricordare la splendida canzone-poesia di Franco Battiato “La cura”. Particolarmente sentito il discorso di Rula, cresciuta in un orfanatrofio, dopo che la madre, vittima di stupro, quando lei aveva appena cinque anni si è uccisa dandosi fuoco.
Hanno “vinto” Sanremo anche le sette splendide cantanti che hanno presentato il loro concerto “Una nessuna centomila” che si svolgerà il 19 settembre all’Arena Campovolo di Reggio Emilia. Fiorella Mannoia, Emma, Alessandra Amoroso, Giorgia, Elisa, Gianna Nannini e Laura Pausini destineranno infatti i proventi del concerto ai centri antiviolenza.
Ha vinto realmente la terza serata, quella delle cover, Tosca che ha cantato con Silvia Peres Cruzt “Piazza grande” di Lucio Dalla senza stravolgerla. Gli altri hanno fatto loro interpretazioni di brani che sono pietre miliari della storia della canzone italiana e come tali, a parer nostro, poco si prestano a versioni bizzarre.
Ha “vinto” il festival la giornalista del TG1 Emma D’Aquino quando ha parlato della libertà di stampa: “Quarantanove colleghi uccisi nel mondo lo scorso anno, dato più basso degli ultimi 16 anni”, ha detto, elencando i dati di Reporter Senza Frontiere. “Si muore in Siria, Yemen, Afghanistan, ma anche e soprattutto in Paesi in pace dove la democrazia è consolidata da tempo. Il record assoluto è del Messico, con 10 uccisi solo nel 2019, ma voglio citare anche Malta e la Slovacchia”.
Allarmanti anche i dati sui giornalisti in carcere: “389 nel 2019, dietro le sbarre per avere tenuto la testa alta, per aver cercato la verità. E quasi la metà si trovano in tre Paesi, la Cina, l’Egitto, l’Arabia Saudita”.
“E i colleghi turchi e russi non lavorano proprio in ambiente sereno”, ha ricordato ancora Emma D’Aquino, rilevando come nella classifica mondiale della libertà di stampa l’Italia è al quarantatresimo posto,  citando “i 19 colleghi che in Italia vivono sotto scorta” e coloro “che sono colpiti da querele temerarie, di cui solo il 10% ha un seguito giudiziario. “E allora -ha concluso- voglio dirvi: non lasciateci soli. Perché come cantava Gaber, la libertà è partecipazione”.
Per il resto che dire? E’ iniziato e finito con ascolti milionari e share al 60% (serata finale), questo Sanremo dove il conduttore ufficiale Amadeus ha fatto realmente un passo indietro lasciando la scena al suo grande amico da 35 anni, il talentuoso Fiorello, che ha dimostrato una ennesima volta la sue capacità di vero dominatore del palcoscenico, improvvisatore pero’ a volte fuor di misura. Del tutto fuori invece la performance di Morgan che nella quarta serata ha cambiato le parole della canzone in ingiurie contro il povero Bugo che doveva cantare con lui provocando l’esclusione dalla gara di tutti e due. In ordine sparso ricordiamo poi un momento commovente come quello in cui Amadeus ha mostrato al mondo Paolo, un ragazzo di ventidue anni colpito da SLA che ha potuto cantare a Sanremo grazie ad una macchina. La bellezza di quel sorriso, di quel fratello che ha lasciato tutto per stargli accanto e poi le parole di Paolo “Avete detto tutti i ti voglio bene che provate? Diteli”. Poi ancora tutto l’Ariston che ballava e cantava le hit dei “Ricchi e poveri” di nuovo in quattro dopo quarant’anni, fa niente se la voce non c’è più, ma sono un pezzo della nostra giovinezza. Benigni ha incantato con la sua lettura del “Cantico dei cantici”. Tiziano Ferro ospite fisso per tutte le serate ha cantato col cuore (bellissimo il duetto con Massimo Ranieri in “Perdere l’amore”) e ha devoluto il suo cachet in beneficienza. Rita Pavone ha dimostrato che si può essere rock a 74 anni. Francesco Gabbani, ha conquistato con la sua simpatia, ed è arrivato secondo con una sua canzone, “Viceversa”, che basta ascoltarla una volta e ti rimane in testa. I Pinguini Tattici Nucleari, un gruppo musicale indie rock di Bergamo ha portato una ventata di allegria. I cantanti provenienti dai talent quest’anno non hanno funzionato.
Una parola per il vincitore della sezione Nuove Proposte, Leo Gassmann. Figlio di Alessandro e nipote di Vittorio, Leo a 21 anni è arrivato alla meritata vittoria dopo anni di gavetta e conservatorio. Nella sua “Vai bene così” ricorre una parola, “asimbonanga”. E’ il titolo di una canzone dedicata a Nelson Mandela dal musicista sudafricano Jhonny Clegg, diventata un inno contro l’apartheid e la libertà. Con i piedi per terra Leo ha dichiarato che all’indomani del festival sarebbe tornato a Roma, all’università, che vuole frequentare seriamente.
A parte alcune cadute di stile, la moda è stata protagonista del Festival. Nel bene e nel male ci ricorderemo di quelli indossati da Achille Lauro creati per lui da Gucci.Ma certo non sono lezione di stile.
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