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GIORNALE REGISTRATO AL TRIBUNALE DI ROMA N. 197 DEL 2014
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AL DI QUA DEL CORONAVIRUS

SAREMO MIGLIORI ‘DOPO’?
di Bruno Piattelli Stilista e Imprenditore


Perché tutti, scrittori, psicologi, giornalisti, quando qualificati, uomini di religione, filosofi o autodefinitisi tali, si sperticano nel farci sapere  che “ dopo  “, quando tutto sarà finito, saremo diversi, anzi, peggio, migliori ?
Non si è letto mai di questi fenomeni migliorativi dopo tragedie, pandemie, tsunami, che l’umanità ha incontrato nella Storia che comincia ad essere lunga; e difatti non se ne vede la ragione, la connessione.
Gli episodi, anche se molti e frequenti, di altruismo, generosità, comprensione, fanno parte di una delle componenti dell’individuo che si esprimono nei momenti di necessità comune per poi essere dimenticati e messi da parte non appena si riapra l’agone della vita - la carriera, la proprietà, il possesso, il primato, il dominio.
Saremo più ansiosi di riprendere ciascuno ciò che sentiamo come ci sia stato sottratto, di riposizionarci lì da dove siamo stati defenestrati, supponendoci forti di un’esperienza che in realtà non è servita ad altro che a confermare come siamo fragili cose di cui la natura dispone a piacimento.
Nella buona intenzione (quando potrebbe esserci )  di dimostrare a noi stessi  ed agli altri che non è stato che uno sgrullone di cui ci siamo liberati  saremo più combattivi, più incisivi, probabilmente più cattivi.
E poi connettiamolo questo concetto dell’umanità; la consideriamo globalizzata? Bene, ma allora tiriamone le conseguenze.
Perché la battaglia contro la diminuzione delle nascite?
Ma come, in un mondo che si sta dimostrando troppo piccolo e in ragione dei miliardi di esseri viventi e della limitatezza delle ricchezze che la natura, nel tempo, potrà dare, rilevando come la scienza e la tecnologia richiederanno sempre meno mano d’opera  e sempre più una popolazione di specialisti e quindi di élite mentale e manuale, che solo con un limitato  numero di  questi esseri  si  potrà  attuare, tutto ciò ed altro considerato, ci preoccupiamo di  far mettere al mondo una popolazione  che potenzialmente potrà essere  handicappata già solamente  per sopravvivere e che vivrà sempre allibita, impaurita, trasecolata?
Ma i sociologi, coloro che, io dico, con tutto il rispetto, bravissimi, quando lo sono, a commentare e spiegarci ciò che è accaduto e perché, i sociologi non intervengono per far considerare queste realtà ai gestori della cosa pubblica incaricati  a istruire  scuole ed università  circa  ciò che accadrà?   

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