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GIORNALE REGISTRATO AL TRIBUNALE DI ROMA N. 197 DEL 2014
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AL DI QUA DEL CORONAVIRUS

COME VIVO QUESTI GIORNI DI ISOLAMENTO?
di Francesca Vecchioni giornalista , fondatrice Assoc Diversity


Lavoro da casa, come fanno in tante persone, schivando lanci di Barbie di due figlie settenni e condividendo con lo i device per poterle far studiare. Io sono fortunata perché l’organizzazione che ho fondato, Diversity, è attiva nel diffondere la cultura dell’inclusione attraverso progetti di ricerca, formazione e comunicazione che possiamo seguire in parte anche a distanza. In fondo il nostro mestiere è proprio fasvorire una visione del mondo che consideri la molteplicità e le differenze come valori e risorse preziose per le persone.
Posso dire che, anche se in generale l’impossibilità di poter vedere le altre persone ha stravolto il modo di vivere la socialità, per tante cose siamo più vicine e vicini. Il nostro bisogno di relazione è tale che sebbene si sia fisicamente chiusi in quattro mura, quello che non possiamo farci mancare è proprio il rapporto con gli altri e le altre, che portiamo avanti grazie alla fortuna di poter utilizzare strumenti tecnologici. Mi chiedo spesso se la tecnologia ci possa portare vantaggio, soprattutto in un lavoro come il mio, basato sulle relazioni, ma ancora non l’ho capito! Certo, se tutto questo fosse successo 40anni fa saremmo stati e state peggio. Penso che il bisogno di vedere le altre persone e condividere le emozioni possa essere, in parte, soddisfatto con i social e anche “l’uscita” sul balcone si può condividere, grazie alla tecnologia.
Uno dei rischi maggiori è che al termine di questa situazione facciano le spese le donne, che come nel dopoguerra ed in tutte le crisi economiche vengono sacrificate sull’altare della famiglia, dimenticandosi che sono talenti nel lavoro esattamente come gli uomini.
Alla luce della situazione attuale è importante rivedere e rivalutare l’analisi sulle polarizzazioni: gli strumenti social esaltano la visibilità nel momento in cui si utilizza la comunicazione “estrema”, sono in molti e molte ad averlo capito e cavalcano questa strategia. Questo porta inevitabilmente ad esaltare la discriminazione. Un esempio: una volta i fenomeni di bullismo restavano “chiusi” e circoscritti ad un determinato luogo, ambiente; oggi con i social si va oltre questo limite fisico.
Il mio più grande timore, ora che siamo tutte e tutti sui social, era che si potesse acuire ulteriormente il meccanismo della polarizzazione e andassero crescendo sentimenti negativi come odio e rancore. Pensiamo a nuclei famigliari in cui ci sono tensioni nella coppia, bambine e bambini non dichiarati, genitori magari già separati in casa e ora in stand-by, o addirittura rischi di violenza domestica. Immaginare la trasversalità degli effetti sociali e psicologici del covid-19 è impossibile ancora: come in un enorme esperimento sociale ha accomunato tutto il mondo, e ha dimostrato che siamo tutti e tutte uguali. C’è chi fugge, chi piange i propri defunti, chi invece si incontra alle finestre per applaudire e continuara a sentirsi parte di una società… reazioni uguali un po’ in tutto il mondo. Dall’altra si vede come reagisce il “primo Mondo”, quello occidentale, con i nostri racconti, le nostre storie, e la netta differenza con il “secondo Mondo” dove non si raccontano affatto popolazioni dilaniate da carestie e guerre. C’è sempre la figura del “furbo” e quella dell’”eroe”, il Mondo si spacca in due.
Ad oggi non è chiare se, con il grande uso dei social in un momento che accomuna tanto, sia diminuita questa polarizzazione. Certo è che si percepisce la necessità di creare ponti e tendersi la mano. L’informazione che passa attravero i media, i TG primi tra tutti, racconta fatti che ci riguardano davvero ma c’è un senso di ancoscia riguardo le fake news. L’intrattenimento, realizzato e registrato nei mesi precedenti al covid-19 invece resta “in un’altra dimensione” e propone immagini e immaginari che non corrispondono alla realtà attuale. È sempre alienante quando uno specchio come il media principale, la tv, non ti rappresenta davvero.
Facendo un’analisi del “pubblico”, la Generazione Z (nati e nate tra la metà degli anni Novanta e il nuovo Millennio) è decisamente più competente di quelle precedenti ed è in grado di discernere mentre i/le Millenials (nati e nate tra gli anni Ottanta e la prima metà dei Novanta), la Generazione X e i/le Baby Boomer, che non sono del tutto digitali, rischiano di lasciarsi coinvolgere dalle notizie false che inquinano l’anima, anche se in una realtà costantemente connessa con la rete anche i giornalisti e le giornaliste hanno la possibilità di verificare i fatti e le informazioni.
Una delle grandi sfide è proprio quella di confrontarsi così tanto in famiglia. Con le mie figlie, Nina e Cloe, ho deciso di applicare non rinunciare a dirgli sempre loro la veritá. La cosa importante è il modo in cui lo si fa, il racconto deve essere adeguato alla loro comprensione. E non si può farne a meno, perché alle loro domande possiamo anche non avere risposte, possiamo anche cercarle insieme, ma ciò che conta è che non smettano mai di farle: bisogna preoccuparsi delle domande che non arrivano.
Naturalmente abbiamo spiegato loro tutta la situazione, e forse un altro aspetto positivo, in questo caso per noi genitori, è stato renderci conto dell’importanza del ruolo degli insegnanti. Averle a casa e aiutarle ad imparare è una bella sfida. Speriamo che questa situazione ci faccia ritornare al rispetto che merita questa categoria.
Questo momento ci mette di fronte alla capacita di affrontare questa situazione, un esempio eclatante è quello dei genitori separati con figli. Per le bambine e i bambini figli di coppie dello stesso che non hanno avuto la fortuna di essere residenti in Comuni il cui sindaco o sindaca abbia concesso il riconoscimento ad entrambi i genitori, è preclusa la possibilità di vedere la madre, o il padre. Questo è l’effetto reale dell’aver trascurato di tutelare i figli nella legge sulle unioni civili.
Mi auguro che il prossimo futuro sia una sorta di dopoguerra con la volontà di riemergere e che  questo brutto momento porti ad una maggiore introspezione e, in qualche modo, ad una vera crescita a livello personale e sociale. Sperando che nessuno rimanga indietro, in particolare non si sacrifichino intere categorie come quella femminile, che rischia purtroppo di dover compensare un’immagine miope della struttura sociale ed economica moderna.


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